Sara Spiro
Peter Brook – Marie-Hélène Estienne: Tempest Project
A circa un anno dalla scomparsa di Peter Brook, il Romaeuropa Festival gli rende omaggio nella suggestiva atmosfera della Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, confermando ancora una volta l’importante sodalizio artistico con le opere del regista britannico.
Considerato tra le personalità più rivoluzionarie ed influenti nel panorama teatrale contemporaneo internazionale, Brook lascia con Tempest Project una sorta di testamento. Nella rappresentazione convogliano la maggior parte delle sue idee e del suo lavoro pluriennale riguardo il Teatro. La scelta dello spettacolo da mettere in scena non è casuale, poiché Brook è stato, e continua ad essere, uno dei più grandi estimatori di William Shakespeare. Il regista ha iniziato a lavorare alla Tempesta negli anni Cinquanta, scomponendola poi negli anni Sessanta in exercises, per debuttare nel 1990 al Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi. Un modus operandi in cui la ricerca è in divenire, suggerito fin dal titolo stesso della produzione: Tempest Project.
La vicenda scritta e diretta con la collaborazione, ormai storica, di Marie-Hélène Estienne, è notissima: il mago Prospero, interpretato da Ery Nzaramba, usurpato del titolo di duca di Milano, è stato esiliato su un’isola sconosciuta a causa dell’inganno perpetrato dal fratello Antonio, attuale governatore della città lombarda. Su quest’isola cresce sua figlia Miranda, interpretata da Paula Luna. Attorno a loro si aggirano, malvolentieri e soggiogati dagli incantesimi di Prospero, i servitori Ariel (Alex Lawther), e Calibano, interpretato da Sylvain Levitte che svolge il doppio ruolo di schiavo e di Ferdinando, l’innamorato di Miranda.
Prospero scatena una tempesta – definita proprio tempest e non storm come ad indicare una tempesta emotiva e non solamente metereologica – per trascinare sull’isola Antonio, il suo complice Alonso, re di Napoli (entrambi assenti nell’adattamento di Brook) e il figlio, Ferdinando.
Prospero scatena una tempesta – definita proprio tempest e non storm come ad indicare una tempesta emotiva e non solamente metereologica – per trascinare sull’isola Antonio, il suo complice Alonso, re di Napoli (entrambi assenti nell’adattamento di Brook) e il figlio, Ferdinando.
Il palcoscenico spoglio, tipicamente brookiano, ha qualche tronco, delle panche per far sedere gli attori fuori scena, dei drappi colorati e un lungo bastone che fa da scettro e da bacchetta magica a Prospero.
Le luci soffuse e flebilmente indirizzate al centro del palco, creano l’atmosfera tetra di preparazione alla tempesta interpretata abilmente dai sei attori.
Peter Brook sceglie attori di varie nazionalità poiché, come spesso ha dichiarato, sono gli interpreti il fulcro del lavoro teatrale, che tramite il proprio vissuto – in questo caso di varie culture – aggiungono il valore necessario alla sceneggiatura.
I gesti e la presenza degli attori sono l’essenza di Tempest Project e fanno ruotare la narrazione intorno a una ricorrente parola, libertà. Come il canto delle Sirene attira Ulisse nell’Odissea, così l’ipnotica voce di Harue Momoyama richiama i personaggi in un ambiente mistico e surreale, dove il desiderio di essere liberi e di tornare alla realtà diventa più forte di qualsiasi costrizione magica.
Come Robinson Crusoe con Venerdì, anche Prospero, per mero desiderio di vendetta, usa Ariel e Calibano come suoi schiavi, elevandosi a loro comandante e promettendo la loro liberazione in cambio di favori.
Mentre Ariel ricerca una libertà celeste, Calibano è costretto da catene fisiche, le quali però lo rendono succube di un’inetta vita controllata dagli altri senza autonomia decisionale.
I dualismi schiavo-padrone e spiritualità-corporeità sono un continuo richiamo nell’opera, evidenziati soprattutto dalla vocazione di Prospero per la cultura e l’accrescimento intellettuale a discapito dell’ignoranza rinfacciata agli altri personaggi.
Come nelle migliori opere shakespeariane, è l’amore ciò che capovolge la vicenda. Miranda e Ferdinando portano Prospero a realizzare quanto l’affetto superi la bramosia di potere e di realizzazione personale.
Il perdono è la chiusura del cerchio di Tempest Project, con la rottura della quarta parete, quando Prospero – dopo essersi scusato con le sue vittime e averle liberate – si rivolge al pubblico chiedendo di esaudire l’ultimo incantesimo: essere lui stesso libero.
Un sorriso finale sul boccascena precede la camminata verso il fondale buio che inghiotte Prospero.
Tepest Project ricorda ancora una volta quanto Peter Brook ci abbia lasciato un patrimonio teatrale immenso, libero e fuori dagli schemi, che sicuramente Marie-Hélène Estienne e gli altri discepoli sapranno custodire e rielaborare.
ADATTAMENTO E MESSA IN SCENA
Peter Brook e Marie-Hélène Estienne
PRODUZIONE
C.I.C.T. – Théâtre des Bouffes du Nord
Uno spettacolo nato da una ricercasu La Tempesta di William Shakespeare
LUCI
Philippe Vialatte
CANZONI
Harue Momoyama
CON
Sylvain Levitte, Paula Luna, Fabio Maniglio, Luca Maniglio, Jared McNeill, Ery Nzaramba
PRODUZIONE
Centre International de Créations Théâtrales / Théâtre des Bouffes du Nord
COPRODUZIONE
Théâtre Gérard Philipe, centre dramatique national de Saint-Denis ; Scène nationale Carré-Colonnes Bordeaux Métropole; Le Théâtre de Saint-Quentin-en-Yvelines – Scène Nationale; Le Carreau – Scène nationale de Forbach et de l’Est mosellan; Teatro Stabile del Veneto; Cercle des partenaires des Bouffes du Nord