Stefania Berra
L’interazione tra moda e arte può talvolta dare vita ad esperienze suggestive ed emozionali anche dal punto di vista visivo. La collezione PUFFS LOOP del giovane designer Giulio D’Arpino è una contaminazione vincente di epoche e stili diversi che trovano però un loro criterio comune [1].
Il punto dal quale partire è un romanzo illustrato dello scrittore statunitense Jack Finney, pubblicato nel 1970. Time and Again porta in scena il tema ricorrente del genere fantascientifico, ossia quello del viaggio nel tempo. L’opera cattura sin dalle prime righe il lettore con la narrazione di momenti di vita quotidiana vissuti da Simon, il protagonista del libro, grafico pubblicitario che conduce apparentemente una vita ordinaria, sino a quando non viene coinvolto in un progetto segreto promosso dal governo degli Stati Uniti per sperimentare il ritorno al passato. La vicenda, così narrata da Finney, ha ispirato il designer che ha deciso di creare una commistione di forme ed espressioni appartenenti a due momenti storici differenti: da un lato i tagli sartoriali ottocenteschi, dall’altro lo street-style degli anni ‘70.
Time and Again non si limita a descrivere e narrare il viaggio spazio temporale compiuto dal protagonista, ma descrive con meticolosità e accuratezza caratteristiche che vengono riprese nella linea sartoriale di D’Arpino, come, per esempio, alcune immagini evocative delle opere dell’artista bulgaro Christo, esponente massimo della Land Art. Christo è stato uno degli artisti più influenti degli ultimi decenni, insieme alla compagna di vita e di lavoro Jeanne-Claude, ha dato forma ad un progetto artistico rivoluzionario, libero, svincolato da parametri stabiliti, senza confini. Le loro installazioni sono famose in tutto il mondo: monumenti ed edifici coperti da quantità di tessuto, strutture temporanee realizzate attraverso l’intervento in ambienti particolari. I tessuti che circondano gli oggetti e le forme abbracciano ritmi cadenzati dalla sinuosità dei corpi, dai tratteggi delle linee corporee e dai volumi asimmetrici. D’Arpino è stato ispirato da alcuni lavori di Christo, quelli riguardanti la serie denominata Wrapped Woman, realizzata a partire dal 1962 e l’iconico abito da sposa che hanno letteralmente sfidato i canoni e i cliché classici del corpo femminile e i tabù stessi. Realizzazioni mai brutali o offensive, ma derivanti da un approccio classico al nudo che vede le forme sensuali della donna come esse stesse opere d’arte dalle quali partire.
Applicazioni e stampe vengono riprodotte su ispirazione di un’opera del biologo e artista tedesco Ernst Haeckel – Forme artistiche della natura -, dove compaiono oltre 100 illustrazioni di creature marine. Disposizioni ornamentali e simmetriche che propongono l’idea di una natura intrinsecamente bella, artistica e funzionale in stretto rapporto con la forma d’arte più pura.
Ciascun riferimento qui proposto, viene studiato e catturato dalla mano di Giulio D’Arpino che ha dato vita ad una collezione originale, precisa e puntuale, irriverente e armonica. Così il concetto di moda si fa portavoce di una dimensione molto più ampia e sfaccettata, quella che trova un corrispettivo nell’arte e nella tecnica, nell’utilizzo di materiali e proporzioni mai definiti, sempre interpretabili, fluidi. Ed ecco dunque che l’opera d’arte diventa esperienza di vita, disegnare un abito, conferirgli un movimento e guardare al di là dell’abito stesso, un po’ come faceva Christo quando “impacchettava” il mondo. Andare oltre l’apparenza, osservare con occhi diversi la realtà circostante.
L’arte ci insegna l’atto del coprire e dello scoprire, il nascondere e il rivelare in una continua suggestione di colori, lunghezze, estensioni e misure. Così la collezione di Giulio D’Arpino, vede un connubio importante di idee, raffigurazioni e intrecci che derivano dall’incontro di menti e ambiti di studio diversi in un assemblaggio perfetto di ricerca e raffinatezza.
Note
[1] Collezione realizzata presso l’Accademia di Costume e Moda di Roma e presentata al Talents 2020.