Sara Spiro
LOS PERROS – Marcos Morau / Led Silhouette, Spagna
Il 31 marzo è andata in scena al Teatro Palladium, durante Orbita, la stagione di danza 2023, la prima nazionale di Los Perros, spettacolo ideato da Marcos Morau e da Led Silhouette, gruppo composto da Martxel Rodriguez e Jon López, parallelamente interpreti della compagnia spagnola La Veronal.
Una volta entrati a teatro, gli spettatori si ritrovano di fronte ad un sipario chiuso, che lascia poi spazio a un palco vuoto, privo di elementi scenografici.
All’improvviso due figure maschili appaiono, con vestiti identici e una giacca apparentemente accessoria. Quest’ultima diventa l’oggetto di principale scambio e interazione tra i due interpreti, creando giochi ottici, nei quali chi guarda non sempre comprende di chi siano ora le braccia, ora le mani.
I due danzatori si intrecciano, si cercano, si fiutano come due mastini pronti all’attacco. L’agitazione pervade i muscoli, ogni parte del corpo viene attivata, innescando un ritmo incalzante dettato da movimenti frettolosi e spezzati.
Al pari di due Transformers, i due interpreti mutano, e con i loro versi animaleschi inscenano uno scontro continuo che si distende gradualmente, alludendo a quello che potrebbe essere definito un rito di accoppiamento. Tutto si rilassa, le mani e i gesti diventano docili e più amorevoli fino a concludersi in una romantica e frizzante danza di coppia, tra un valzer e un tango.
L’accompagnamento musicale segue la ripartizione interna della performance secondo l’andamento “narrativo” della coreografia. Inizialmente, un’aura naturalistica risuona in sala, con campane, rumori e tintinnii che ricordano i richiami di un pastore verso il proprio gregge. A seguire, lo sviluppo di una pièce arabeggiante, dai tratti orientali e sinuosi, per trasformarsi poi in un’aulica chiusura romantica e classica.
A suggellare l’atmosfera dello scontro-incontro, un magnifico ma semplice gioco di luci e ombre, volto a enfatizzare i longilinei corpi dei danzatori fluttuanti nello spazio del teatro Palladium.
I lunghissimi applausi verso Los Perros dimostrano come la danza di Jon López e Martxel Rodríguez sia travolgente e impeccabile, nonostante una non chiara drammaturgia. Il pubblico si interroga sulla possibilità del loro movimento complementare, anche quando la disarticolazione ne fa da padrona.
Marcos Morau e Led Silhouette costruiscono un ambiente nel quale vale la pena entrare per provare a capire cosa ci vogliano raccontare i danzatori, o semplicemente godere del loro magnifico movimento.
Direzione del progetto: Led Silhouette
Idea e direzione artistica: Marcos Morau
Coreografia: Marcos Morau
Assistenza coreografica: Marina Rodriguez
Con: Jon López e Martxel Rodríguez
Testi: Carmina S. Belda
Voce Off: Oier Zuniga
Scenografia: David Pascual
Light Design: Andoni Mendizabal
Costumi: Iñaki Cobos
Audiovisivi: Iñaki Iriarte
Spazio sonoro e musicale: Juan Cristóbal Saavedra
Video: Marina Rodríguez
Produzione: Led Silhouette
Distribuzione: Rocio Pindado, Portal 71
IF YOU WERE A MAN – Mauro Astolfi / Spellbound Contemporary Ballet, Italia
Dopo una breve pausa, assistiamo a If you were a man, spettacolo di Mauro Astolfi con la sua compagnia Spellbound Contemporary Ballet.
A partire dai corpi vorticosi che si alternano e intrecciano sul palco, per passare alla musica meccanica, quasi robotica, la ricerca coreografica di Astolfi perfora lo spazio vuoto con quattro corpi di giovani danzatori. Una voce dal tono ben scandito apre la scena, dettando ordini, parole e ritmo all’azione danzata.
Numerose le suggestioni emerse da If you were. Prima fra tutte l’accostamento al famoso Pas de Quatre de Il lago dei cigni, rivisitato in chiave comica dalla compagnia americana Trockadero. Nel nostro caso non è il lato comico a interessarci, quanto il continuo legame tattile tra i danzatori.
Un’altra significativa immagine suscitata durante la visione dello spettacolo esula dall’ambito coreutico per spostarsi in quello cinematografico, spesso cavea di influenze per numerosi artisti – chissà se può essere anche questo il caso? Avendo chiaro in mente il meraviglioso quanto enigmatico 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, si potrebbero mettere in relazione i quattro danzatori con i primati presenti nella pellicola. Le scimmie si radunano intorno al famoso monolite nero, muovendosi intimoriti dall’oggetto sconosciuto, ma curiosi di scoprire cosa sia richiamano i propri simili con movimenti di condivisione e supporto. Le medesime azioni vengono proposte, in modo molto più estetico e fluido, dai giovani artisti. Le figure dialogano tra loro, con ascolto estremo dei rumori, dei silenzi, della velocità e soprattutto degli sguardi lenti e respirati.
Sicuramente ognuno di noi, di fronte a una pièce di venti minuti, in base al proprio background avrà impressioni diverse e porterà la mente in terreni solo a sé familiari. Questo è il bello di un’arte che non deve essere necessariamente didascalica e comprensibile a tutti.
Chi conosce il lavoro del coreografo romano sa quale cifra stilistica lo aspetta. La novità – a mio avviso – non emerge dalla coreografia o dalla ricerca di movimento, ormai marchio di fabbrica di Mauro Astolfi. Piuttosto, il nuovo viene ricercato nella proposta di entrare in terreni narrativi inesplorati, e non sempre immediati, in cui ogni spettatore sceglie con quali scarpe camminare. Se potete, concedetevi questo viaggio.
Coreografia: Mauro Astolfi
Con: Lorenzo Capozzi, Mario Laterza, Mateo Mirdita, Alessandro Piergentili
Musiche: AAVV
Costumi: Anna Coluccia
Una produzione: Spellbound con il contributo del Ministero della Cultura
Coproduzione: Attraversamenti Multipli e Armonie d’Arte Festival