Michela De Domenico
Immaginare possibili futuri attraverso il progetto, è una delle funzioni del disegno di architettura, una pratica in bilico tra il mondo della fantasia, dal quale proviene, e quello della realtà, verso la quale tende, che ci mostra luoghi altrimenti invisibili utilizzando percezioni, segni, colori, che, per suo tramite, si trasformano da forme della fantasia in sostanza architettonica. Il disegno è però in grado di essere autonomo nella sua visione dell’architettura, acquisire vita propria e propri significati, attraverso lo sviluppo di universi immaginari che si strutturano nello spazio della mente per fluire sulla carta, uno spazio spesso iperbolico multiforme, infinito e fluido, come quello delle architetture visionarie di Piranesi, che non rispondono alle leggi della geometria euclidea. Le forme di questa architettura intangibile e utopistica, che hanno ispirato diverse generazioni di architetti, con l’avanzare dell’era digitale appaiono improvvisamente realizzabili e architetture multidimensionali e fluide si sviluppano attraverso il cyberspazio, rendendo “concreta” un’architettura non tangibile. Queste architetture dall’espressione libera si evolvono verso forme di natura semantica prossime al linguaggio della comunicazione, modificando i codici canonici dell’architettura e ampliando l’ambito della ricerca verso la contaminazione con altri medium, come la musica, il design, la realtà virtuale, il cinema e il fumetto.
Diventa pressante l’esigenza di allenare l’immaginazione a sviluppare questo universo semantico, utilizzando il disegno, ancor prima del progetto, per esplorare nuove visioni e forme. In questo ambito, le architetture di fantasia del fumetto si adattano ad essere adoperate come materiale di analisi e di investigazione, poiché, attraverso la decodifica dei loro meccanismi inventivi, che partono da elementi reali ricomposti in chiave fantastica, è possibile sperimentare le potenzialità del disegno di vedere al di là dell’esistente e delle regole prestabilite, affidando successivamente al progetto la fase della razionalizzazione.
L’architettura disegnata e le ambientazioni dei fumetti hanno in comune un universo di segni, forme, memorie e archetipi, che pur basandosi su codici diversi, ci permettono di potere approfondire i procedimenti creativi dell’architettura fantastica.
Dovendo comunicare un valore simbolico attraverso la sola immagine, le architetture dei fumetti si caricano di significati e diventano metafora utile a manifestare con immediatezza una data ambientazione, un periodo storico reale o immaginario o determinati contenuti ideologici che l’autore vuole trasmettere. D’altro canto, a causa dell’immediatezza con cui queste architetture devono essere lette, nei fumetti agisce una semplificazione iconografica che tende allo stereotipo. Analizzando i segni presenti nelle ambientazioni dei fumetti è possibile risalire ai principi con cui questi si aggregano, per decriptarne il messaggio attraverso procedimenti logici, una sorta di Grammatica della fantasia (Rodari Gianni, 1973) rovesciata, che permette di costituire le regole di una “fantastica” (Novalis, 1909-1938) dell’architettura, avvalendosi delle tecniche di fantasia individuate dai surrealisti, poi riprese da Rodari e da Munari (Munari Bruno, 1977), e riproposte in architettura da Purini (Purini Franco, 1980) e Zevi (Zevi Bruno, 1973). Il codice appartenente alle architetture dei fumetti è quello di un’architettura della narrazione, dove all’interno di uno schema riconoscibile, sono inserite componenti che si amalgamano in maniera diversa e inaspettata. Nei fumetti l’architettura è rappresentata su più piani di lettura, come una storia in divenire, in cui è il lettore a dover decifrare forme e spazialità.
Partendo dalle visioni urbane che i disegnatori di fumetti ci propongono, gli esperimenti grafici che emergono da un’aggrovigliata matassa di linee, rappresentano un’indagine di tipo empirico parallela alle analisi e alle codifiche compiute, che cerca di rintracciare matrici e archetipi provenienti dal lessico dell’architettura fantastica, per poi applicarli alla sperimentazione di forme di fantasia inserite in ambiti realmente esistenti, da Messina a Tokyo. Questo sforzo di immaginazione consente di osservare come, contaminando le forme dell’esistente con quelle della fantasia, si possano con maggior chiarezza individuare i punti di forza inespressi dei luoghi della città, delle periferie, dei paesaggi, sovrapponendo nuovi segni, intrecciando nuove forme, contaminando lo spazio della strada, attraversando gli edifici, allo scopo di individuarne le energie inespresse e indicare nuove direzioni per lo sviluppo di successivi progetti.
Il gesto del disegnare in architettura rimane, anche dopo la rivoluzione digitale, il mezzo più̀ immediato di collegamento tra l’immaginazione e la concretizzazione delle idee, che permette al nostro immaginario di avviare nuove dimensioni dell’inventare ed accedere alla sublime infinità di nuove forme, ponendosi al di là della realtà̀ fisica oggettiva, per sperimentare le spazialità̀ della mente.
Michela De Domenico
Nata a Messina, è architetto, fumettista e dottore di ricerca in Ingegneria edile. Ha realizzato diversi contributi accademici sul tema del disegno di architettura, tra cui il saggio “Architettura fantastica, gli archetipi visionari del fumetto” per Interscienze edizioni. Ha inoltre pubblicato fumetti per diverse case editrici italiane, realizzato storyboard per il cinema ed opere di street art.
Bibliografia
DE DOMENICO Michela, Architettura fantastica. Gli archetipi visionari del fumetto, Milano: Interscienze, 2013.
ECO Umberto, Apocalittici e integrati. 9° ed. Milano: Tascabili Bompiani, 2008.
MUNARI Bruno, Da cosa nasce cosa, 16° ed. Bari: Laterza, 2011.
NOVALIS, Frammenti, 7° ed. Milano: BUR, 2008. 448 p. Titolo originale, Fragmente.
PURINI Franco, L’architettura didattica, Reggio Calabria: Casa del Libro Editrice, 1980.
RODARI Gianni, La grammatica della fantasia, San Dorlingo della Valle (Trieste): Memorandum EL, 1997. ZEVI Bruno, Il linguaggio moderno dell’architettura. Guida al codice anticlassico. Torino: Einaudi, 1973.