Agnese Azzarelli
Un uomo con un orologio sa che ore sono.
Un uomo con due orologi non è mai sicuro.
Erich Segal
Jil Sander
Quei due orologi da polso che tratteneva l’uomo meno lungimirante, senza mai sapere quale fosse l’ora certa, andavano reinventati, come si reinventano le relazioni, come si reinventano i codici della comunicazione, come si reinventa, alfine, una parola.
Quando le parole smettono di significare?
Vediamo sui nostri schermi immagini che, ripetute all’infinito, sono investite di significati sempre nuovi. L’immagine diviene meme, viene svuotata di significato. Accade qualcosa di simile anche nell’alveo dei segni verbali, accade anche a parole che designano una o più cose, ma solo quelle, parole per una o più realtà uniche, inconfutabili, granitiche.
Queste parole vengono spesso abusate, alle volte divengono bandiere. Sembrerebbe un paradosso. Questo è il caso di una parola insostenibile, quanto abusata, come la parola “sostenibilità”. Sembrerebbe abbia a che fare con il sociale, con un uso lungimirante delle risorse, non da ultima la natura, altro termine che imperversa, ma, a differenza dell’altro, lo fa – per così dire – in sordina.
In altre parole: un termine che ricorre più nel dietro le quinte della realizzazione di una campagna promozionale che come termine esibito.
Jil Sander
Sovente, una campagna per un brand sostenibile, si sposa, nel conflagrare dei codici, ad elementi propriamente tratti dall’alveo semantico che è capace di dischiudere la natura. Ma “natura” non è termine univoco, granitico, quanto “sostenibilità”. A detrimento della sua comprensione o, forse, a suggellarne la profondità, “natura” porta con sé un derivato: il termine “naturale”. Termine di una complessità senza pari. Cos’è successo? È accaduto che abbiamo visto conflagrare la triade “sostenibilità”, “natura”, “naturale” in più di una campagna. Muta il brand, ma la triade, invariata, è sempre la stessa, a costituire l’ossatura della comunicazione, più o per nulla abilmente congegnata.
Se è vero che, nella battaglia per il monopolio del tempo, gli orologi da polso l’hanno avuta vinta sulla clessidra, per poi essere soppiantati da una miriade di device – nella battaglia del monopolio del naturale l’ha avuta vinta una maison che ha saputo edificare un apparato simbolico durevole e collaudato, dove il fortuito (altrimenti detto naturale) si sposa ad una reinvenzione della natura, esigendo un’analisi che superi – una volta e per tutte – l’obsolescenza della triade “sostenibile”, “natura”, “naturale”.
Jil Sander