Fondazione Pistoletto e ARTE AL CENTRO. La chiave di volta tra Moda e Sostenibilità.

Sofia Busignani

Domenica 25 giugno ha inaugurato a Biella Arte al centro, rassegna attiva fino al 30 aprile 2024 presso la Fondazione Pistoletto. Voluta da Michelangelo Pistoletto nel 1998, nel 2023 questa rassegna giunge alla sua venticinquesima edizione, in coincidenza dei 90 anni del Maestro. La domanda che fa, e ha fatto, da sfondo alla serie di mostre, performance e incontri della rassegna è “in quali modi l’arte può porsi al centro di processi di cambiamento sociale fondati sulla responsabilità”. Focus degli eventi previsti le pratiche artistiche e la loro capacità di “trasformazione, in senso di responsabilità, dei contesti sociali in cui si sviluppano”. Non a caso la tematica della Sostenibilità era apparsa in questa sede già tredici anni fa, nell’edizione 2010/2011, anticipando in modo autentico quello che oggi rischia spesso di essere uno slogan passeggero, anziché una reale dichiarazione d’intenti.
Il luogo stesso che ospita Arte al centro nasce dalla riqualificazione di un’antica zona industriale. Cittadellarte si è affermata fin dai suoi inizi come punto di convergenza di svariate conoscenze che qui hanno trovato modo di interferire le une con le altre, alimentando un processo circolare di creazione e riutilizzo di oggetti, idee, progetti e creazioni. L’edificio originario era un lanificio manchesteriano del 1875, luogo con la stessa pianta sviluppata su più piani, in cui oggi hanno sede l’accademia di arte e moda Unidee e alcune installazioni di opere di Michelangelo Pistoletto, tra le altre.


Tra le mostre dell’edizione 2023 di Arte al centro, meritano una menzione speciale Fashion to Reconnect e Circulart 3.0. La prima delle due è curata da Tiziano Guardini e patrocinata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana. Come tutte le installazioni di Cittadellarte, anch’essa si ispira all’innovativo concetto di Terzo Paradiso portato avanti dal Maestro Pistoletto negli ultimi decenni, ovvero una “terza fase dell’umanità che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la natura”. In Fashion to Reconnect, pezzi unici di designer dell’Alta Moda sono stati reinterpretati ed esposti come vere opere d’arte. Niente perde mai valore. Un abito in maglia impreziosito con cristalli di sale, anziché finire nel dimenticatoio è ora diventato un’opera che esalta appunto quell’equilibrio tra artificio e natura a cui tutta la società dovrebbe aspirare, secondo il Maestro. In natura non esiste il concetto di scarto: niente perde mai valore, ogni cosa ha sempre una funzione, sia essa oggettiva o meditativa.


Prima di accedere a Fashion to Reconnect il visitatore è obbligato a passare di fronte a un’installazione di Matteo Nasini. The Golden Age è composta da un arazzo di grandi dimensioni e una “tenda” formata da un “cono” di fili di lana tesi dal pavimento al soffitto. La lana utilizzata per i due elementi dell’installazione è dovuta all’inserimento della stessa in Woolscape, un progetto volto a valorizzare il territorio biellese e le sue risorse. I colori accesi dell’arazzo contrastano nettamente con quanto si vede rappresentato, provocando volutamente sulla situazione climatica e l’impatto che la presenza umana ha sull’ambiente circostante, andandolo a modificare non solo in termini di forme ma anche di colori. Quale sarà il paesaggio della lana?, e dunque delle risorse del territorio, è la domanda che vorrebbe provocare Nasini in ogni osservatore della sua opera. Il “cono” a fianco dell’arazzo sarà sede della performance sonora Splendore neolitico, realizzata con strumenti che, grazie alla stampa 3D, riproducono le ossa di animali con cui gli uomini primitivi componevano le loro musiche primordiali. Una provocazione, quella di Nasini, a trovare il proprio equilibrio tra artificio e natura evitando accuratamente che il primo non prevalga eccessivamente sul secondo.


Infine, Circulart 3.0 è l’esposizione delle opere realizzate durante la residenza artistica UNIDEE Residency Programs a Cittadellarte nell’anno appena trascorso. I quattro artisti dell’edizione corrente – Augustina Bottoni, Lucia Chain, Huge Sillytoe e Rebecca Sforzani – sono stati messi in contatto con tredici aziende tessili, partner del progetto, per riflettere sui concetti di Reduce, Reuse e Recycling basandosi sui materiali forniti e puntando ad una sintesi tra Moda e Arte. Sicuramente il lavoro più riuscito, in quanto sintesi, è l’opera Che non siano solo macchinari di Rebecca Sforzani. L’opera è composta da sagome che ricalcano quelle dei lavoratori delle aziende tessili partner, intervistati da Sforzani ad uno ad uno, e riprodotti fedelmente con i tessuti che ognuno ha effettivamente prodotto. In sottofondo, il rumore dei macchinari e le voci degli stessi lavoratori immergono il visitatore in una dimensione di consapevolezza unica sulla situazione attuale del paesaggio tessile. Ulteriore incarnazione dell’idea di circolarità, sono i manifesti ricavati dagli ulteriori scarti del lavoro di Sforzani, esposti a lato dell’opera.

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