Alfonso Maria Petrosino
Trittico di Richerenches, 1
Esterno giorno, estate ed io sto bene:
Richerenches mi colloca al di là del male.
Con lussuriose raffiche il maestrale
sussurra agli alberi proposte oscene;
sui pini intorno ipnotiche cicale
incutono un monotono acufene.
I raggi si riflettono su Irène e
sulla sua croce a forma di frattale
che ad ogni braccio il segno riproduce,
per perpendicoli e per paralleli di
un’altra croce in quattro direzioni.
Nella piscina un tremolio di luce
ondeggia e svela tra le sparse efelidi
un simulacro di costellazioni.
Paesaggio arcadico
Alti e spaziosi gli alberi in cortile
tremolano rendendo le ombre incerte.
Una lucertola nell’erba avverte
tra un guizzo e l’altro una presenza ostile.
Inesorabilmente l’aria imbruna:
mentre scintilla e si trascina il sole
l’oscurità si infiltra nelle aiuole.
Discutono quattro ragazzi ed una
ragazza si allontana dalla panca,
la spalla nuda, una maglietta bianca
ed il foulard coi teschi di McQueen.
E nonostante si sia fatto scuro
si riesce ancora a leggere sul muro
in fondo al portico il graffito: ET IN.
Tequila doppia
Com’è che una bottiglia di tequila
diventa agli occhi di chi se la scola
non più soltanto una bottiglia sola
ma quanto più viene bevuta due?
Negli occhi penetra la luce e infila
le immagini che vanno alla corteccia
ma questa, intossicata, non intreccia
gli impulsi e ognuna resta sulle sue.
La stessa cosa avviene alla saliera
alle fettine di limone e al ghiaccio
che sgocciola. Vicino a me si corica
come se fosse lì, fantasmagorica
Eugenia, Eugenia che ha sull’avambraccio
il tatuaggio di una calavera.
Il talento poetico di Alfonso Maria Petrosino supera sé stesso in queste Nature morte e vanità (Vydia, 2020), dove affronta con sensibilità contemporanea un tema caro al Barocco, e lo fa nella forma breve per eccellenza della nostra tradizione, il sonetto. La contrainte della gabbia metrica e della variazione sul tema stimola al meglio le doti ritmiche e immaginifiche di questo abile giocoliere di parole, che sa unire come pochi l’istrionismo del performer con l’acume dell’enigmista. Che improvvisi sul motivo del doppio e del revenant o sul proverbiale ET IN ARCADIA EGO, Petrosino costruisce la sua scrittura (frattale come la croce d’Irène) giocando con e dentro le parole, facendo sfumare il sorriso malinconico del poeta nel ghigno del teschio, e viceversa. Poesia colta, (semi-)pop, perturbante: perfetta per la nuova età dell’ansia.
Roberto Batisti